Dall'incontro di Oristano di sabato 12 dicembre, di seguito il documento di sintesi sulle proposte per l'acqua pubblica.
La recente approvazione del decreto 135/09 proposto dal Ministro Ronchi sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell’acqua potabile in Italia. Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com’è l’acqua, per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa, mentre di fatto non esiste alcun obbligo, e in più le modifiche introdotte per sopprimere la gestione “in house” contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi. Il documento che porta la firma del ministro ex An, all’articolo 15 prevede che la quota societaria pubblica nella gestione dei servizi scenda addirittura sotto il 30%. Insomma una manna dal cielo per le società private che da anni sono particolarmente impegnate ad acquisire fette importanti del mercato dell’oro blu.
In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l’acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche da molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici. Molteplici sono stati i casi in cui la privatizzazione del servizio ha prodotto inefficienza e aumenti delle tariffe.
Vale la pena ricordare quanto successo nel Lazio con il caso Acqualatina: la scarsità delle risorse idriche e i costi in aumento della gestione delle forniture hanno spinto molti comuni laziali (38) ad affidarsi ad Acqualatina, Società privata guidata dal colosso Francese Veolia Waters. Gli effetti di questa gestione sono stati a dir poco devastanti: aumenti di bollette dal 50% fino al 3000% causati dal totale riversamento sull’utente finale, oltreché che dei consumi, dei costi di depurazione, potabilizzazione e captazione. La Società ovviamente, per mere ragioni di natura economica, considera morosi i cittadini che non hanno retto il peso degli aumenti e non riescono a pagare le bollette, predisponendo le sospensioni dell’erogazione in caso di insolvenza. La popolazione si è organizzata e si è difesa versando solo la parte della bolletta relativa all'amministrazione pubblica e chiedendo di poter pagare solo il consumo. Nel frattempo, per vicende legate proprio alla gestione dell’erogazione del servizio, i manager di Acqualatina sono stati incriminati per associazione per delinquere, abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata per erogazioni pubbliche insieme a qualche politico locale. Insomma, la storia di Acqualatina dimostra in modo emblematico come l’acqua non possa finire nelle mani di chi ha come fine l’utile o il dividendo. I cittadini devono pretendere dal pubblico e dallo Stato la gestione efficiente del ciclo dell’acqua.
Particolarmente spinosa appare la questione regionale Sarda dove Abbanoa dalla sua nascita ad oggi ha accumulato solo debiti ed inefficienze. Bollette pazze, acqua che va e che viene, Comuni creditori decisi a passare subito all’incasso. Oggi i debiti della Società nei confronti dei Comuni si aggira attorno ai 101 milioni, pari al capitale sociale iniziale della Società stessa. Le inefficienze poi, hanno riguardato gravi disfunzioni nel servizio: a Badesi i reflui hanno rischiato di finire in mare ed è dovuto intervenire il nucleo ecologico dei Carabinieri; a Golfo Aranci si è lamentata una prolungata assenza dei tecnici di Abbanoa; a Tortoli sono mancati controlli sulla potabilità; a Stintino il Sindaco ha emesso un’ordinanza con la quale intendeva “licenziare” Abbanoa per restituire l’acqua agli utenti; tanti Comuni hanno visto le tariffe al mc raddoppiare in seguito all’introduzione della tariffa unica. Se prima infatti un comune che efficientemente garantiva un monitoraggio delle infrastrutture poteva vantare meno sprechi e quindi tariffe più abbordabili, ora con il livellamento delle tariffe, si è andati incontro a degli aumenti che non hanno tenuto conto delle iniziali situazioni di partenza molto differenti fra loro. In Sardegna difendere l'acqua pubblica vuol dire chiedere che Abbanoa sia sottratta agli appetiti lottizzatori delle forze politiche, messa in condizione di lavorare al meglio e controllata attraverso rigidi criteri di efficienza e trasparenza.
Chiediamo che il PD si impegni a tutti i livelli per promuovere iniziative sul tema, proponendo soluzioni simili a quella intrapresa dalla Regione Puglia che, nella giornata di martedì 20 ottobre, con una delibera di Giunta Regionale, ha sancito l’avvio della ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese, definendo l’acqua un "bene comune e un diritto umano universale" e il servizio idrico come "servizio di interesse regionale privo di rilevanza economica" e nel contempo decidendo di impugnare presso la Corte Costituzionale il provvedimento legislativo in quanto lesivo delle prerogative assegnate dalla Costituzione alle Regioni.
Chiediamo che in ogni Consiglio Comunale i consiglieri del PD propongano la delibera che alleghiamo in pdf in cui si chiede di:
- riconoscere anche nel proprio Statuto Comunale il Diritto umano all'acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell’acqua come bene comune pubblico;
- confermare il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
- riconoscere anche nel proprio Statuto Comunale che il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, e quindi la cui gestione va attuata attraverso gli Artt. 31 e 114 del d. lgas n. 267/2000.
1. puoi scaricare questa sintesi in pdf cliccando qui
2. per scaricare la proposta di delibera da portare nei consigli comunali
clicca qui
lunedì 14 dicembre 2009
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